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Young The Giant: “E’ stato bello collaborare con Darren Criss per Glee”

scritto da Laura Boni

Young The Giant non significa niente di tangibile. E’ immaginazione, un sentimento che ci unisce” dice il cantante Sameer Gadhia. Prima che una band sono un gruppo di amici, che vive, compone musica e viaggia per il mondo, tutto insieme. Si sono conosciuti a Irvine, una cittadina nella contea di Orange County, ai tempi del liceo, dove hanno iniziato a suonare nel loro garage. Quest’anno sono impegnati in tour mondiale, che li ha portati anche in Italia; gli Young The Giant nel nostro paese hanno fatto ben quattro live a Roma e Milano, alternando piccoli club a grandi eventi, come il concerto del Primo Maggio. Li abbiamo incontrati la mattina dopo del loro live a Milano al Tunnel, uno dei quei locali così piccoli che hai concerti entri in troppa intimità con il tuo vicino; sono presenti in tre: il cantante Sameer, il chitarrista Jacob e il bassista Payam. Jeans, maglietta e grandi sorrisi per tutti e tre, sembrano 20enni qualsiasi che potresti incontrare per strada, ma è quando parlano rivelano maturità e consapevolezza non comuni. Il loro primo album è una combinazione di tutto ciò che hanno creato da quando si sono conosciuti sino al momento in cui una casa discografica ha deciso di investire su di loro, di cui l’estratto più famoso è il primo singolo Cough Cyrup.

Avete suonato al Tunnel a Milano. Come è andata?

Era tanto tempo che non suonavamo in club come questi ed è stato bello tornare alle origini, poi questi ambienti sono più intimi e hai una connessione con il pubblico. Può essere più stressante perché molte così possono andare male, problemi elettrici, tipo ieri la mia testiera non funzionava e ho dovuto rinunciarci. Una cosa che ci piace fare è di puntare dei microfoni verso il pubblico così li sentiamo ancora più vicini e non ci sembra di essere in studio.

Cough Cyrup ha riscosso molti consensi in tutto il mondo. La canzone parla della vostra vita?

Si, è molto interessante per noi perché è una delle prime canzoni che abbiamo scritto. Era un momento molto particolare, avevamo 17 anni e vivevamo ancora nella nostra cittadina e nessuna sapeva che esistessimo. Le persone ci prendevano in giro perché eravamo una band, la musica era la nostra via d’uscita; tutti sognavamo di viaggiare per il mondo e suonare live. Quella canzone parla di uscire allo scoperto e sperimentare la vita, anche se c’è qualcosa che te lo impedisce. E’ fantastico che ci sono delle persone che possono relazionarsi con questa canzone oggi.

Glee ha fatto una cover del brano. Cosa ne pensate della versione di Darren Criss e cosa ha significato per voi questa collaborazione?

Nessuno di noi fino a quel momento era un Gleek. Siamo stati molto contenti del fatto che abbiano usato la canzone per parlare di una tematica molto importante, il bullismo, in una scena molto intensa, e non solo come una qualsiasi delle cover che fanno nella serie. L’ha reso speciale. Abbiamo incontrato Darren perché venuto ad uno dei nostri concerti a Los Angeles: E’ venuto nel backstage e ci ha detto che è un nostro fan; è stato bello incontrarlo, una esperienza che ci ha reso tutti più umili. Abbiamo parlato della canzone e si è creata una connessione speciale e penso che gli abbia permesso di cantarla in modo più accurato. E’ fantastico! E’ stato bello poterne far parte.

Come è il vostro percorso creativo quando scrivete?

Preferiamo scrivere a casa, in tour non ci riesce molto bene. Ci troviamo tutti insieme (vivono tutti e cinque nella stessa casa a West Hollywood n.d.r), in casa abbiamo una zona dedicata alla musica, dove andiamo e suoniamo. La maggior parte delle canoni vengono fuori da queste jam session, da un giro di chitarra e da un pezzo di melodia cantata; da quell’idea la canzone si espande e prende vita. Tutti mettono le proprie idee in gioco e a quel punto sono a disposizione del gruppo, è un processo molto collaborativo.

Avete suonato al concerto del Primo Maggio. Come è stato esibirvi davanti a quella folla e in un contesto politico così intenso?

E’ sicuramente stato il concerto più grande in cui abbiamo mai suonato. Quando siamo arrivati non avevamo bene idea della situazione; negli Stati Uniti è triste perché la gente è molto disillusa sulla politica e nessuno pensa di poter fare la differenza. Per noi è stato difficile cercare di entrare in contatto con tutti i lavoratori perché non conoscevamo a fondo ciò che stava accadendo, ma abbiamo cercato di capire e di trasmettere il nostro sostegno alla gente, far capire che non siamo una band che viene dall’America e ce ne freghiamo di ciò che accade ne mondo.

Come descrivereste gli Young The Giant?

Spontanei, eclettici e meticolosi.

Siete amici da anni, non avete paura che il successo possa rovinare la vostra amicizia o cambiarvi?

C’è sempre questa paura. E’ triste vedere che molte delle band più famose sono finite così, cercheremo di ricordarci che siamo molto amici e siamo molto aperti gli uni con gli altri e soprattutto cerchiamo di rimanere con i piedi per terra. Abbiamo ancora gli stessi amici a casa e siamo molto vicini alle nostre famiglie, tutti i nostri genitori sono ancora insieme e prendiamo le loro relazioni come esempio per le nostre vite. Il problema dio molte band quando diventano famose è l’ego. Il principale colpevole della distruzione. Nel nostro gruppo tutto è equo, siamo come una squadra. A volte è difficile perché suoniamo insieme, scriviamo insieme, viviamo insieme, può essere troppo. Quando torniamo a casa ci basta predere un pallone e fare una partita che fa tornare tutto come prima. Siamo una squadra e ognuno è l’allenatore dell’altro.

Vi è piacciono gli Young The Giant? Cosa ne pensate della versione di Darren Criss di Cough Cyrup?