Willie Peyote: “In Mai dire mai non voglio fare mansplaining alle donne!” scritto da Alberto Muraro 24 Febbraio 2021 Ginger Generation ha incontrato questo pomeriggio Willie Peyote in occasione dell’uscita, fra una manciata di giorni, del suo nuovo singolo Mai dire mai (La Locura). Il brano è il pezzo con il quale l’artista parteciperà al Festival di Sanremo 2021 nella categoria BIG. Clicca qui per abbonarti a Disney Plus! Come c’era da aspettarsi (e come anche Willie Peyote stesso si aspettava) del testo della canzone si è già fatto un gran parlare. Non appena TV Sorrisi e Canzoni ha pubblicato il testo del pezzo il nome di Peyote è entrato nei TT italiani di prepotenza, ma il cosiddetto “popolo del web” si è diviso come non mai. Alcuni l’hanno definito inultimente provocatorio e forse persino offensivo, altri ancora geniale. Ecco perché è così importante che gli artisti possano avere la possibilità di parlare dei loro pezzi, con conferenze stampa ed interviste. E il nostro incontro con l’artista, proprio in questo senso, è stato illuminante. Willie Peyote racconta il significato di Mai dire mai in gara a Sanremo 2021 Willie Peyote, prima di tutto, ha parlato in questi termini della sua canzone: Il pezzo parla di come ci siamo ormai abituati a mettere al primo posto il mero intrattenimento, in tutti i campi, dall’arte e alla cultura, passando per lo sport e arrivando anche alla politica. Avere un personaggio che funziona è più importante che avere talento, avere il consenso è più importante che avere un programma, far parlare di sé è più importante che avere qualcosa da dire. Anche in pandemia “the show must go on” quindi si gioca lo stesso anche con gli stadi vuoti, teatri chiusi e concerti annullati ma con gli streaming e i talent show la giostra sembra continuare a girare”. Ad aprire la mia canzone una citazione tratta dalla serie BORIS che tutti conoscono come il monologo della Locura: “questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette mentre fuori c’è la morte. Visualizza questo post su Instagram Un post condiviso da Ginger Generation (@gingergeneration) Fra i punti più controversi del testo c’è stato in particolare il riferimento al twerking come strumento delle donne per la lotta al patriarcato. Ecco come l’artista ha voluto rispondere a questo tipo di polemica emersa sul web: Non mi sembra calzante l’accusa di mansplaining perché non mi sono permesso di spiegare a nessuno come si lotta contro al patriarcato. Mi sono permesso di chiedere com’è possibile che all’interno di una kermesse come Sanremo, mentre si parla tanto con retorica di parità di genere, il twerk diventi simbolo militante, ma solo ed esclusivamente in quel contesto lì. Non fuori da lì. Io avevo seguito anche la polemica di quell’artista afromamerciana che aveva twerkato a Washintgon con i pantaloncini degli Stati Uniti addosso che era un simbolo dell’emancipazione femminile e afroamericana. E li l’ho capito il senso! Per il resto un po’ mi dispiace che mutuiamo le lotte attraverso un hashtag di tutti senza chiederci se sono anche nostre. Io non mi permetterò mai agli altri di dire agli altri di fare quello che vogliono fare, il è un tentativo di togliere la polvere e far vedere che io oggi in quanto uomo non posso permettermi di dire “forse però oggi abbiamo un problema più grosso del twerk, visto che c’è un femminicidio al giorno.” L’anno scorso ci furono dei momenti di una retorica imbarazzante. E non è cambiato niente! Cerca il tuo viaggio economico in autobus con Flixbus.it E quest’anno i femminicidi sono rimasti uguali, se non in aumento. Ma siamo nel 2021 ma ancora dobbiamo contare le donne al governo? Non è follia che siamo ancora qui a porci il problema? il punto è che siamo un paese retrogrado. Dovrebbe essere talmente scontato che ci suano essere le donne al governo, che non dovremmo piùcontarle. Il paradosso è quello, io non voglio mai insegnare niente anessuno. Ma io pongo delle domande e credo di essere legittimato a farlo. Io non mi permetterei mai di dire a chi twerka come si fa e dove deve farlo. Io mi sono chiesto: “Come arriva alla gente, al pubblico medio, il twerk in quel contesto lì?”. Riguardo a TikTok ha aggiunto: Il problema non è Tiktok, è che da quando è nato è cambiato il nostro modo di fare musica. Mi fa paura che le major non vadano a cercarsi gli artisti come si faceva una volta, mi preoccupa che le major vadano a cercare gli artisti perché sono virali su TikTok. Però mi permetterei mai di criticare qualcuno che ha usato TikTok come canale per promuovere la sua musica!. Mi fa paua che la musica cambi per passare da un canale all’altro Sto dicenedo che è un conto è cambiare un formato per metterlo su cd, un conto è fare tormentoni che devono durare tot secondi per forza. Sono dei jingle, non delle canzoni. Ma il lavoro di talent scouting che fine ha fatto? E se il suo pezzo, come c’è da aspettarsi, diventasse effettivamente virale su TikTok? Sarebbe come quando Fuori dal tunnel di Caparezza fece il giro e finì in discoteca. Può succedere, è buffo, mi farebbe ridere. Io non critico il canale di per sé- Se vi piace ascoltarla su TikTok fatevi i balletti. io di certo non li so fare! La mia musica ogni volta che la pubblico diventa degli altri, ognuno ci fa quello che vuole!