Strappare lungo i bordi: la meravigliosa serie di Zerocalcare – recensione scritto da Federica Marcucci 17 Novembre 2021 Strappare lungo i bordi ti punge il cuore e ti colpisce allo stomaco, eppure, allo stesso tempo, ti abbraccia. Non c’è altro modo se non una manciata di sensazioni per descrivere la serie di debutto di Zerocalcare (aka Michele Rech) che arriva oggi 17 novembre su Netflix. Realizzata insieme a Movimenti Production, Strappare lungo i bordi arriva dopo Rebibbia Quarantine (serie animata andata in onda su Propagandalive durante il lockdown) che ha contribuito a far conoscere il fumettista a un pubblico più ampio, ma sopratutto a dieci anni esatti dalla pubblicazione del suo lavoro d’esordio La profezia dell’armadillo. E non è un caso che Strappare lungo i bordi sia un po’ una summa dell’universo di Zerocalcare. Dentro c’è tutto. Sì, anche Secco che vuole andare a perdersi il gelato. Ma c’è anche tanto altro che deriva dalle potenzialità del medium attraverso cui l’autore ha scelto di raccontare questa nuova storia che è un punto d’approdo, ma anche di partenza. Un’armonia che funziona alla grande e che va di pari passo con una grande coerenza di fondo. I fan dei fumetti di Calcare possono quindi dormire sonni tranquilli, anzi saranno felici di ritrovare qua e là qualche suggestione a loro nota. La vita non va ritagliata con le forbici Cosa troverete (o ritroverete) dunque in questa serie? Beh… Strappare lungo i bordi è la storia di un viaggio. È anche una storia di rimpianti, di occasioni perse e di quella paura che talvolta si prova di fronte ai bivi importanti della vita. Ma sopratutto è un racconto che ci ricorda che la nostra vita va stropicciata, accartocciata e scarabocchiata perché non c’è una sagoma giusta da ritagliare con le forbici. E che se sbagliamo non importa, anzi potrebbe essere lo strappo più bello di sempre. In Strappare lungo i bordi i temi cari a Zerocalcare ci sono tutti e trovano una loro concretizzazione in un lavoro d’esordio coraggioso e capace di raccontare turbamenti generazionali (e umani) con uno stile ben preciso e riconoscibile, che va di pari passo con tanta ricercatezza. Guarda la nostra intervista a Zerocalcare su Strappare lungo i bordi I disegnetti La sperimentazione infatti c’è e ci piace: le foto di Mao e Hitler animate, la musica (tanta musica), il libro de Il principe degli sgambetti che prende vita davanti ai nostri occhi, contribuiscono ad arricchire un mondo familiare (e che siamo sicuri lo diventerà anche per chi ci entrerà per la prima volta con il primo episodio) che ci viene voglia di scoprire con occhi nuovi mentre passiamo dalle risate al magone così, senza soluzione di causa. Sì perché Strappare lungo i bordi fa questo effetto. Ti fa ridere, tantissimo, ma proprio come i fumetti di Michele ti fa anche stare male. Una sensazione strana ma meravigliosa che ti tiene in bilico sul filo del rasoio e che, in tempi recenti, chi scrive ha provato solo guardando Bojack Horseman. Un’altra serie animata, guarda caso. Sì perché qualche volta per raccontare e analizzare la realtà bisogna guardarla attraverso un’altra lente (come quella dei disegnetti cit.). Togliere questo filtro può essere doloroso ma è necessario per non perderci dentro noi stessi, per tornare a vedere gli altri per come sono. E… per ascoltare le loro voci, come succede proprio nell’episodio finale di Strappare lungo i bordi. Tranne quella dell’Armadillo, ovviamente (se non l’avete riconosciuta la sua voce è quella di Valerio Mastandrea). Ma quindi dobbiamo essere fili d’erba? Non importa, puoi essere anche un cactus o un fiore… basta che la sua forma (e la sua essenza) ti rappresentino davvero. In conclusione… Strappare lungo i bordi è meravigliosa ed è in grado di comunicare tantissimo senza perdersi mai dentro se stessa, ma al contrario tendendo sempre verso l’esterno. Verso di noi. È una perla rara di questi tempi di over produzione di audiovisivo. Che dire, se non vi piacerà allora avete una pizza sto c***o al posto del cuore.