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Photoshop disaster: alla ricerca della “bellezza”

scritto da Francesca Parravicini

Caro dolce Photoshop. Da qualche anno a questa parte una droga consumatissima tra chi lavora nel campo della moda e dei rotocalchi. Il perché è semplicissimo. Rende perfetto ciò che perfetto non è. A patto di saperlo usare ovviamente. Facciamo un po’ di storia: il programma nasce nel lontano 1990 ad opera dei fratelli Knoll, che vogliono agevolare il lavoro del padre fotografo. Da allora nascono e continuano a nascere versioni nuove, con nomi in codice molto pittoreschi, da Big Electric Cat a Space Monkey. E con nuove sofisticate funzionalità.

Plastic girls

Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine. Una bella foto su un giornale, anzi bellissima, troppo bella per essere vera, ci fa venire in mente una sola cosa: Photoshop. Pelle liscia come e capelli morbidi come seta, sguardo magnetico e quasi ipnotico, fisico perfetto senza la minima imperfezioni, tanti sintomi per la stessa malattia. E le persone dal vivo sono tutta un’altra cosa. L’ultima vittima di questa feroce guerra all’imperfezione è Kate Winslet. L’attrice, ammirata per il suo fisico morbido e procace, è apparsa sulla copertina di Glamour versione USA decisamente snellita e con uno viso che non sembra neanche il suo. Le immagini parlano e il disastro è fatto e servito. Per riflettere vi anche consiglio di guardare questo video. E’ indubbio che la nostra concezione di bellezza è a volte distorta. Qualche miglioramento può essere utile, ma stravolgere l’immagine di una persona per adagiarsi su stupidi canoni che ci vogliono tutte uguali, magrissime, bellissime, sempre perfette? Così perfette da far girare la testa. Meglio tenere le imperfezioni, così nostre, così belle.