Perchè Tokio Hotel è il contrario di emo scritto da Alice Ziveri 4 Ottobre 2010 Si è parlato di emo, ieri a Domenica 5. Sembra essere l’argomento del mese: emo, scene queen, alternativi, comunque li si voglia chiamare.A quanto pare gli "emo" non esitono più, adesso ci sono delle digievoluzioni ramificate di quella che fu la specie originaria. Ad ogni modo, per chi ne sta fuori è indifferente la denominazione, ed è impossibile (e anche poco interessante) capire quanti anelli al naso serva avere per essere chiamato X e non Y. Ragazzi e ragazze giovani, con capelli sapientemente piallati – pardon, piastrati, trucco pesante, piercing e un abbigliamento molto nero o molto in technicolor: ci siamo capiti.In seguito ad un servizio-shock de Le Iene si è parlato molto di quanto le abitudini di questo giro di persone siano salutari: autolesionismo, alcool, droghe, sesso prematuro, promiscuità. Valori che sembrano non andare più in là di bellezza e popolarità, atteggiamenti di arroganza e superbia che vengono esaltati e premiati.E’ chiaro che in ogni corrente alternativa c’è sempre chi decide di aderire al ruolo dalla A alla Z, e chi ne fa solo una questione di look e poco altro – il che, in questo caso, non sarebbe altro che un bene – ma ormai l’immaginario legato alle parole emo e scene queen è fatto di tutto ciò che di più contro educativo e malsano possa balzare alla mente. Associazione sbagliata Non sono qui a fare la moralista, a sparare a zero sulle extension platinate o a suggerire misure rivoluzionarie per risollevare le sorti della gioventù bruciata. Non è mio compito e non ne sarei in grado.Qui però è stata sbandierata, per l’ennesima volta, e in questo caso nel bel mezzo di una trasmissione della domenica pomeriggio seguita da non poche mamme, zie e nonne, un’associazione sbagliata fondata su un pregiudizio ormai vecchio e, purtroppo, difficile da estirpare. L’associazione fra tutto l’immaginario negativo di cui si diceva prima, e i Tokio Hotel.Il dibattito in casa D’Urso si è aperto con un servizio che citava proprio loro come "band di riferimento" di emo / scene queen / qualunque sia il loro nome, ed è continuato con le loro canzoni di sottofondo mentre scorrevano immagini di feste in discoteca abbastanza accalorate e mentre giovani appartenenti a questo ambiente sciorinavano, ridacchiando e biascicando un "cioè" ogni due parole, quanto situazioni di questo genere siano per loro la normalità.Ora, io mi metto nei panni della mamma / zia / nonna di una ragazzina di 15 anni, con la cameretta tappezzata dalle facce di Bill e Tom Kaulitz, che guarda questo servizio: quante si metteranno a ridere capendo la stupidità della cosa, e quante sentiranno suonare il campanello d’allarme? Quattro ragazzi pieni di vitaNon so come sia nato questo malinteso diffuso che i quattro tedeschi abbiano qualcosa a che fare con il mondo emo. Forse i capelli neri e il trucco scuro di Bill hanno avuto la loro parte, ma direi che non serviva nemmeno scavare poi tanto in profondità per capire che i Tokio Hotel sono tutt’altro che quel mondo.Vorrei che i denigratori venissero fuori dalle arene il giorno di un concerto, ci troverebbero ragazze e ragazzi, bambini, adolescenti e adulti, studenti e lavoratori, ci troverebbero una varietà di colori, forme e generi innumerevoli. Troverebbero un pubblico eterogeneo, in cui sicuramente c’è anche qualcuno con i capelli piastrati e i leggings leopardi, ma non sono l’esclusiva né la maggioranza e, soprattutto, una cosa non dipende dall’altra. Quell’universo emo, a cui si faceva riferimento nella trasmissione, è indubitabilmente uno scenario negativo.Io in quei quattro ragazzi non posso che vedere valori positivi.Non sono dei guru di filosofia e non pretendono di cambiare il mondo, certo. Ma sono quattro ragazzi giovani che con l’impegno, la perseveranza, la passione e sì, un pizzico di fortuna, hanno portato avanti un sogno, e con determinazione sono arrivati a realizzarlo. Un sogno sano, pulito, fatto di note e corde di chitarra, un sogno che si chiama musica. Sono quattro persone che mettono il cuore e l’anima in quello che fanno, che si impegnano con la massima serietà e non smettono mai di volere imparare. Rispettosi, umili e educati, a detta di chiunque ci abbia lavorato, non ultimo il direttore d’orchestra che li ha accompagnati a Sanremo. Quattro ragazzi con personalità forti e che sanno pensare con la propria testa, che non si lasciano condizionare dagli insulti gratuiti, che sanno fare autocritica, ambiziosi ma non avidi, creativi, pieni di entusiasmo e voglia di fare, pieni di vita. Questo è quello che trasmettono. E no, non sto dicendo che siano dei Messia arrivati in Terra. Sono quattro ventenni normali che ridono, scherzano e giocano come tutti i ventenni, che nei limiti concessi dallo loro status di notorietà escono, vedono amici, portano a spasso i cani. Ma sono anche quattro ventenni da cui molti, giovani e meno giovani, famosi e non famosi, avrebbero qualcosa da imparare.E le loro canzoni parlano di seguire i propri sogni, di essere sè stessi, di speranza e di amore in tutte le sue forme.Non vedo come si possa dire o pensare che qualcosa in loro possa istigare o suggerire certi comportamenti nocivi. Lo trovo offensivo nei loro confronti e, che la loro musica e le loro facce piacciano o meno, non se lo meritano. E non se lo meritano tutte le ragazzine che in questo momento stanno litigando con la mamma / zia / nonna, cercando di farle capire che quello che dice Domenica 5 non è oro colato.