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Lana Del Rey – Honeymoon: la recensione dell’album

scritto da Francesca Parravicini

Lana Del Rey è universalmente considerata la moderna regina del sad-core. Questo sotto-genere musicale è una derivazione del alternative rock, con un ritmo più lento e lyrics tendenti al malinconico-andante.
Se negli album precedenti di Lana come ad esempio Born To Die e si possono trovare elementi spudoratamente pop, lo stesso non si può dire lo stesso di Honeymoon, in cui Lana Del Rey abbraccia a pieno la sua anima sadcore.

Non trovo un altro modo per descrivere le sonorità del nuovo lavoro lanesco, in uscita proprio oggi: 14 canzoni intrise di pura malinconia. Un album che evoca atmosfere oniriche e rarefatte, i pomeriggi estivi in California, pieni di luce accecante e di ombre verdi. Ma è perfetto anche per le nostre giornate pre-autunnali, in cui il tempo non ha ancora trovato un equilibrio e oscilla tra sole e pioggia, tra i ricordi malinconici dell’estate e le promesse dell’autunno. Con Honeymoon Lana ha completato una crescita artistica che aveva già intrapreso con Ultraviolence, riportando alla luce il suo stile delle origini, quando era ancora una cantautrice sconosciuta che si esibiva in piccoli locali newyorchesi, ma in versione più matura.

L’album si apre con la title track, Honeymoon. Devo ammettere che al primo ascolto questo brano mi aveva un po’ delusa e addirittura lo avevo trovato noioso (eresia). Una piccola gemma di stile Del-Reyano, cinematico, lento e solenne, sostenuto da un bellissimo sfondo orchestrale che si unisce alla perfezione con la voce di Lana. L’idea di canzone estiva secondo la signorina Del Rey.

Con Music To Watch Boys To si entra in territori sonori ipnotici e misteriosi. E’ un brano che tematicamente riprende This Is What Makes Us Girls di Born To Die: se nel passato Lana esprimeva una visione della vita più giocosa e spensierata, ora appare più matura e disincantata. L’amore è ancora un gioco, ma ha un fondo crudele.

Terrence Loves You è il capolavoro dell’album. E’ quel genere di canzone che riesce ad emozionare in modo profondo e viscerale, a trasportare la mente in un spazio in cui si vorrebbe affondare. Il tono di Lana oscilla tra il sofferto, il nostalgico e una felicità malinconica ed è avvolto in un mix di jazz e magia orchestrale. Il brano contiene diversi riferimenti a Space Oddity di David Bowie, anche nel titolo (Terrence era il fratellastro di Bowie, morto suicida e citato dal grande artista in molte canzoni).

God Knows I Tried è una ballad molto malinconica, scandita dai suoni delle cicale d’estate. Sono principalmente voce e chitarra e violini a sostenere questo brano, che è forse il più debole dell’album. Un urlo di disperazione contro le ingiustizie della vita, dopo tanti tentativi per trovare la felicità. Let there be light.

High By The Beach probabilmente la conoscete già: il primo vero singolo dell’era Honeymoon, accompagnato da un video in cui Lana veste i panni di una starlette accerchiata dai paparazzi, che abbatte elicotteri a colpi di fucile.
Sonorità hip-hop rilassanti e avvolgenti e la fine di una storia d’amore.

Freak è uno dei brani più ritmati dell’album e si apre in maniera letteralmente esplosiva, con il ruggito di un leone.
Hip-hop e chitarre rock scandiscono il canto di sirena di Lana. Un inno allo stile di vita californiano: libertà, oceano, amore e follia.

Art Deco è la sorella minore di Freak e si collega a quest’ultima in modo fluido. Secondo alcuni rumor la canzone sarebbe dedicata a Azaelia Banks, rapper di talento ma dal carattere decisamente rissoso e amica di Lana.

Burnt Norton è un interlude in cui Lana recita l’omonima poesia di T.S. Eliot, accompagnata da un onirico sottobosco musicale. Un minuto e ventiquattro di pace.

Religion è una ballad che cresce nel ritmo e ascolto dopo ascolto, con un outro in slow motion e la voce di Lana più ipnotica che mai (il modo in cui dice Religioooon è qualcosa di incredibile). L’amore è al centro delle lyrics, un amore così forte e profondo da diventare come una religione.

Salvatore è delle chicche assolute dell’album. Un brano in puro stile vintage, ambientato nell’Italia degli anni 40′, con tanto di parole italiane (che sia stata ispirata dal fidanzato Francesco Carrozzini, figlio di Franca Sozzani?). Il ritmo suadente condito da accenni di mandolini non può non conquistare.

The Blackest Day vince il titolo di canzone più triste (e in un album di Lana può sembrare paradossale, ma vabbè). Lo stato d’animo di una ragazza che è stata appena lasciata e vede tutto nero (ma letteralmente) e si sente completamente persa, in una sorta di oceano nero, in cui continua a sprofondare. Deprimente ma irresistibile.

Con 24 vorrei fare un appello a chi si occupa delle colonne sonore dei film di James Bond: lasciate che Lana canti il tema del prossimo film. Per favore. Questa canzone urla Bond da tutti pori: è seducente, epica, ha gli archi, gli strumenti a fiato e l’emozione giusta.

Swan Song è una ballad solenne, scandita da un desiderio di cambiamento: Lana e il suo amato si preparano a lasciare una vita precedente piena di sofferenze per vivere una nuova vita, insieme, all’insegna di una nuova libertà.

Come in Ultraviolence Lana chiude l’album con una cover di Nina Simone, in questo caso si tratta di Don’t Let Me Be Misunderstood, che si presenta in un arrangiamento leggermente più movimentato rispetto all’originale.

Qual è il vostro brano preferito di Honeymoon?

Ascolta il sampler di Honeymoon!

Tracklist:

01. Honeymoon
02. Music To Watch Boys To
03. Terrence Loves You
04. God Knows I Tried
05. High By The Beach
06. Freak
07. Art Deco
08. Burnt Norton (Interlude)
09. Religion
10. Salvatore
11. The Blackest Day
12. 24
13. Swan Song
14. Don’t Let Me Be Misunderstood