La famosa invasione degli orsi in Sicilia: Intervista a Lorenzo Mattotti scritto da Irene Rosignoli 7 Novembre 2019 Arriva finalmente oggi al cinema La famosa invasione degli orsi in Sicilia, primo film d’animazione del fumettista e illustratore italiano Lorenzo Mattotti, tratto dal romanzo di Dino Buzzati. L’opera, acclamata al Festival di Cannes, ricrea con le tecniche dell’animazione a mano la storia del re degli orsi Leonzio, il quale decide di condurre il suo popolo presso gli uomini nella speranza di ritrovare il figlioletto Tonio, rapito dai cacciatori tempo addietro. Ma gli orsi possono davvero vivere in mezzo agli umani? A Lucca Comics & Games 2019 (dove il film è stato proiettato in anteprima davanti a una sala gremita ed entusiasta) abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il regista Lorenzo Mattotti, che ci ha illustrato la genesi de La famosa invasione degli orsi in Sicilia e le sfide incontrate nel corso dei 6 lunghi anni necessari per portare sul grande schermo questa favola tutta italiana. Guarda il trailer di La famosa invasione degli orsi in Sicilia: L’intervista a Lorenzo Mattotti: La versione italiana de La famosa invasione degli orsi in Sicilia vanta un cast di attori estremamente riconoscibili. Non ha avuto paura che lo spettatore si dissociasse dal personaggio, sentendo la voce di un attore famoso? Innanzitutto vorrei precisare che il primo doppiaggio è avvenuto in francese, prima ancora che si facesse l’animazione. Per quanto riguarda l’Italia, c’erano delle voci che avevo in mente fin da subito come quelle di Corrado Guzzanti o di Antonio Albanese, e altre che abbiamo dovuto ricercare come quella di Almerina. Quando ho sentito Linda Caridi, ho subito pensato: è lei. Io cercavo voci adatte ai miei personaggi, in realtà non mi sono posto il problema che fossero attori famosi. Volevo soltanto che le voci fossero molto caratterizzate, che ogni personaggio fosse immediatamente riconoscibile. Pensavo alla Commedia dell’arte, alle maschere: il doppiaggio doveva riflettere un certo divertimento nelle caratterizzazioni, anche grazie ai dialetti che abbiamo scelto. Ovviamente, nel momento in cui si rivela Andrea Camilleri è impossibile non riconoscerlo… ma va bene così, cercavo una voce simbolica e carismatica e l’ho scelto proprio per questo. Trovo che la versione italiana sia più divertente, mentre quella francese è raffinata e letteraria. Non è stato un doppiaggio tecnico ma un arricchimento, che ha dato come risultato due versioni complementari. Quindi, il film è animato interamente in 2D e i volumi dei personaggi sono realizzati soltanto attraverso le ombreggiature? Tutti i personaggi principali sono disegnati in 2D, ma ci sono degli elementi 3D come nelle scene di massa dove gli orsi e i militari sono fatti al computer, oppure nel finale con le barche e il serpente marino. Ma tutto il resto, compresi i fondali e gli effetti speciali, è in 2D. E sì, il volume dei personaggi è dato solamente dalle ombre. Adesso ci sono programmi che permettono di integrare sempre di più le due tecniche, per esempio in Francia è appena uscito il film d’animazione Dov’è il mio corpo? che è disegnato al computer, ma poi gli è stata applicata una texture 2D, per cui quando lo vedi hai la sensazione che sia animato a mano. L’ accoglienza della critica è stata molto positiva, cosa si aspetta invece dall’accoglienza in sala? La scommessa a livello critico è stata vinta, ci sono state poche reazioni negative, ma in generale sono tutti entusiasti. Quello che abbiamo osservato è che una volta in sala il pubblico ama La famosa invasione degli orsi in Sicilia, ma il grosso problema viene prima, quando si tratta di attirare la gente al cinema. Proprio qualche giorno fa una signora mi ha detto: “non so se vada bene per i miei figli, perché sembra molto diverso da quello a cui sono abituati. Mi ha fatto molto riflettere: oggi i genitori hanno paura di esporre i figli a qualcosa di diverso dal solito. Hanno paura che non sia per loro, che utilizzi un linguaggio troppo raffinato, troppo d’élite. Ma questo è un film per tutti, popolare, figuriamoci se volevo passare cinque anni a fare un film per me stesso… Anzi. Ho capito che c’era la possibilità di fare qualcosa di bello per i ragazzini, di portare al cinema una storia diversa dalle altre ma bella lo stesso, e io a 60 anni mi sono preso la responsabilità. Credo che ogni disegnatore prima o poi debba prendersi questa responsabilità: smettere di chiudersi nel proprio mondo e provare a portare qualcosa di positivo alle nuove generazioni, perché saranno loro che diventeranno la società del domani. Il finale è molto diverso dal romanzo di Buzzati. Si chiude con un interrogativo, lasciando la risoluzione effettiva sospesa. Come mai questa decisione? Il finale di Buzzati lo trovavamo un po’ troppo malinconico e un po’ datato. Attraverso i nuovi personaggi di Almerina e Gedeone abbiamo cercato di riportare il pensiero dello spettatore, che si lamenta perché non è possibile che il finale sia così triste. Avevamo pensato a una conclusione più divertente e felice, però poi avevamo paura che diventasse troppo americano, troppo prevedibile. Per cui abbiamo deciso di lasciare la risoluzione sospesa, attraverso l’espediente del segreto che non può essere rivelato. Quando finisce la proiezione molti bambini si fanno domande, ed è bello così perché per sciogliere il mistero il film li costringe a riflettere. La risposta sta a loro, alla loro fantasia, alla capacità di immaginare. Può esserci un finale migliore? Chissà.