Diamo un messaggio di speranza al papà di Eluana
Ma è giusto porre fine alla vita di Eluana? La donna non subisce accanimento terapeutico come in tanti sostengono: Eluana non vive attaccata a una macchina. Eluana è una disabile molto grave: non riesce a provvedere a se stessa, non è in grado di intendere e di volere, per questo ha bisogno di un sondino che la nutra e la idrati, ma non ci sono in atto trattamenti specificamente terapeuticiì
Come dichiarato da una nota del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto dal prof. Pessina: “Risulta inaccettabile e viziata da una erronea concezione antropologica, definire la vita personale di chi si trova in condizioni di stato vegetativo come pura vita biologica. La coscienza umana non definisce l’identità personale, ma semplicemente la manifesta. Per questo la cura delle persone in stato vegetativo si configura come doverosa&rdquo. Già, Eluana non è un “vegetale”, non ha rami, ma braccia e gambe, non è una “sporgenza della natura”, è una persona, e come tale ha un valore che trascende il letto nel quale è sdraiata la maggior parte del giorno, anche nelle condizioni in cui si trova: proprio per questo ha diritto ad essere nutrita fin quando il suo corpo resterà in vita senza alcuna forma di accanimento terapeutico da parte dei medici.
La decisione della Corte di Cassazione di fatto scardina quindi il principio della non disponibilità della vita umana, che tra l’altro è a fondamento della nostra democrazia. La vera sfida non è allora quella di introdurre l’eutanasia: “L’eutanasia è una risposta sbagliata a un problema serio, quello delle forme acute di dolore in fine vita. Non esiste alcun diritto a morire perché la morte non è mai un diritto, ma un fatto: esiste invece la necessità di favorire il diritto e l’accesso alle cure e all’assistenza fino alla morte naturale. (…) Il riconoscimento dell’inalienabile dignità di ogni essere umano deve essere la fonte per promuoverne, anche in fin di vita, la massima qualità di vita possibile. Questa è l’autentica sfida per la nostra società.
Alleviare la disperazione della famiglia di Eluana
La disperazione di Beppe Englaro è più che comprensibile: non è per niente facile vedere per sedici lunghi anni la propria figlia sdraiata in un letto, con gli occhi ben aperti, ma senza poter instaurare con lei un vero dialogo. E’ proprio la sofferenza di simili momenti che fa prendere decisioni affrettate, dettate dall’istinto, che non riescono a guardare oltre il dolore provato. Per questo crediamo che sia indispensabile, in simili situazioni, una voce dall’esterno, una visione oggettiva, non di chi è chiamato in causa in prima persona nella vicenda, per far cambiare strada alle scelte fatte.
Facciamo a voi tutte allora una proposta: diamo a Beppe Englaro un messaggio di speranza. Anziché incitarlo a proseguire per la strada che la disperazione gli ha fatto prendere, scriviamo come commento a quest’articolo un messaggio che Ginger si incarica di spedire alla famiglia Englaro. Ci state? Se si inserite i vostri commenti qui sotto… noi ci faremo carico di farli avere a Beppe Englaro.
Leggi l’intervista a Paola Binetti sul caso Eluana Englaro
Foto di copertina: flickr.com