Diabolik: un esercizio di stile che non convince, recensione scritto da Federica Marcucci 16 Dicembre 2021 Diabolik dei Manetti bros, atteso adattamento cinematografico del fumetto cult delle sorelle Giussani, delude le aspettative rivelandosi come un prodotto curato nell’estetica e nella forma ma che tuttavia manca di anima ed emozioni. Interpretato da Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea Diabolik arriva oggi 16 dicembre nei cinema. Luci e ombre, senza brividi Era il 1963 quando, nel terzo albo della serie, Diabolik incontrava Eva Kant. Nasceva così uno dei sodalizi più celebri del fumetto italiano: il connubio perfetto tra crimine e romanticismo. Tra la luce e l’ombra. Non è un caso che i Manetti bro siano partiti proprio da questo albo, L’arresto di Diabolik, per scrivere la sceneggiatura del film. L’incontro fatale tra il celebre Re del Terrore e Lady Kant era il punto di partenza per perfetto per raccontare – e ri-raccontare il personaggio al pubblico di oggi. Non dimentichiamo infatti che Diabolik un adattamento ce l’aveva già avuto, nel 1968, un film diretto da Mario Bava molto apprezzato all’estero e meno in Italia. Sopratutto dalle Giussani. Storia del cinema a parte, questo nuovo adattamento è visivamente ed esteticamente curato, e ricerca una forma che chiaramente deriva dalla padronanza del mezzo dei registi. Guardando il film si resta affascinati da certi giochi di luce, da inquadrature studiate per citare film classici – in primis Hitchcock, ma che comunque guardano sempre al fumetto e alla cura quasi maniacale per i dettagli. Un lavoro che non può non essere riconosciuto, sopratutto perché è un gran bel lavoro. Non basta però affinché l’intero prodotto funzioni. E Diabolik ha qualcosa che non va, scricchiola; scricchiola sin dalla primissima sequenza d’inseguimento, che dovrebbe restituire immediatamente adrenalina nello spettatore. Ma il problema è proprio questo: non si sente niente perché per tutto il film è impossibile empatizzare con i personaggi. Questo è da imputarsi a due ragioni principali: la scelta del protagonista e il tipo di recitazione. Andiamo per ordine. In prima battuta, e spiace dirlo, Luca Marinelli non funziona pur essendo un ottimo attore. Il suo approccio al personaggio fa sembrare Diabolik talmente distante e irraggiungibile da non suscitare in noi alcun brivido. Neanche rispetto ai due personaggi che, in modo diverso, dovrebbero smuoverlo di più: Ginko ed Eva. Perché come ogni nemesi che si rispetti Diabolik non esiste senza Ginko, e viceversa. In questo Valerio Mastandrea è molto bravo a dare vita a un uomo di legge, che sfrutta proprio la legalità per non acciuffare quello che forse dà un senso alla sua vita. Mentre Eva Kant dovrebbe essere colei capace di tirar fuori le emozioni da un uomo freddo e distante, ma questo in realtà non accade mai. Un vero peccato perché Miriam Leone è meravigliosa e tratteggia una donna forte, “mogliettina un corno” cit., che non intende sottomettersi a nessuno ma allo stesso tempo capace di sentimenti profondi. I soli che riusciamo a percepire in modo diverso, forse perché l’attrice è l’unica ad aver approcciato il suo personaggio in modo più moderno rispetto al resto del cast. E qui veniamo al secondo problema. Diabolik è un film che, riprendendo le parole dei registi, si prende i tuoi tempi. È un film classicista che vuole ricostruire gli anni ’60 come si faceva negli anni ’60: e non solo con le scelte di regia, anche con la recitazione. Concettualmente l’idea è molto interessante, ma il risultato è la creazione di un mondo posticcio in cui i personaggi si muovono con fare affettato e poco realistico. Delle macchiette distanti per cui, appunto, risulta difficile provare delle emozioni. In positivo e in negativo. Il problema non è essersi rifatti al cinema classico (chi scrive ama ed è cresciuta guardando film classici), quanto piuttosto l’incapacità di portare quella sensibilità e quel tipo di estetica su un piano contemporaneo. Questo fa di Diabolik un esercizio stilistico – un bell’esercizio stilistico, sopratutto un’occasione mancata per ri-raccontare al pubblico di oggi un personaggio cult della nostra cultura pop.