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Concorso Percy Jackson: Lost and insicure, she found me.

scritto da admin

Per il Concorso del Meet&Greet di Percy Jackson vi abbiamo chiesto di scrivere un racconto, i post vengono pubblicati e i più beli e votati potranno vincere il Meet&Greet di Martedì 23 Luglio con Logan Lerman e Alexandra Daddario al Giffoni 2013 . Ecco la risposta di Federica! Se vi piace, condividetela per aiutarla a vincere.
Inizio con il presentarmi, mi chiamo Federica, ho tredici anni e da otto vivo in provincia di Avellino. Quando arrivai qui, avevo sei anni, dovevo iniziare la seconda elementare. Provate a pensarci, una ragazzina sola e impaurita in un ambiente del tutto nuovo, una classe già preformata in cui nessuno sapeva la sua esistenza. Mi sedetti in prima fila, appoggiata al muro, in attesa che la maestra dicesse a tutti che ero appena arrivata da Napoli. Mi guardavo intorno sospettosa, non capivo nulla. A un tratto, mi si avvicina una ragazzina. Piccolina di statura, scura di pelle, occhi marroni e capelli legati in una treccia. Mi porse la mano. «Ciao, io sono Rosita, e tu come ti chiami?» La squadrai da capo a piedi, poi decisi che sembrava affidabile. «Io sono Federica.» Prese la cartella e si piazzò vicino a me. Iniziammo a parlare, e da quel momento decisi che de ne avrei messo prima di liberarmi di lei! Sto qui, a scrivervi, quasi otto anni dopo, di me e lei. Di avventure ne abbiamo passate tantissime, assieme. Ci siamo sempre l’una per l’altra. Ma non è per questo che siamo migliori amiche, insieme affrontiamo le nostre paure.
Per esempio, estate 2012, io al campeggio estivo, lei a casa. Arriva il giorno delle visite, chiedo ai miei se possono portare anche lei. Verso le dieci, arrivano i vari genitori, i miei giungono solo alle undici perché avevano sbagliato strada, nonostante avessero il navigatore. Prima di andare dai miei, le corsi incontro e la strinsi quanto più forte potevo. Dopo aver perso un po’ di tempo e averla portata in giro per il campo, andammo a pranzo. Dopo, andammo al parco divertimenti lì vicino. Io ho sempre avuto paura delle torri che si alzano e poi cadono di botto, lei mi convinse a salirci (era una torretta alta circa otto metri, niente di che.). Oltre a noi, c’era un bambino. Io iniziai ad avere paura appena si alzò da terra, lei mi strinse la mano e mi fece coraggio. Restammo fino alle quattro nel parco, poi andammo più sulla montagna per andare a cavallo. Lei, spaventata, non voleva salire, ma io le rimasi accanto e facemmo un giro di un’ora, il mio cavallo accanto al suo. Tornammo al campo e… decisi che non sarei resistita un’altra settimana senza di lei. Feci i bagagli, salutai tutti quanti e tornai a casa. Restò a dormire da me. Ci ficcammo sotto le coperte e vedemmo un film horror. Inutile dire che l’undici di luglio dormimmo rannicchiate nelle coperte, l’una abbracciata all’altra.
Quando ho letto Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini, arrivata circa al decimo capitolo, decisi che, con o senza zoccoli, che mi avrebbe portata o meno al Campo mezzosangue, lei era il mio satiro. In senso figurativo, ovviamente. È il mio satiro perché mi tira fuori dai guai –o mi ci mette, però non è importante-, perché cerca sempre di stimolarmi a dare il meglio di me. Se essere migliori amiche vuol dire essere felici quando c’è lei, se vuol dire incazzarsi e due minuti dopo far finta che non sia successo niente, se vuol dire ingrassare insieme e lamentarsi del fatto che abbiamo messo su un chilo di troppo, se vuol dire passare i giorni più belli della mia vita con lei, allora siamo davvero migliori amiche.