GingerGeneration.it

Belle: la recensione del nuovo anime di Mamoru Hosoda

scritto da Federica Marcucci
Belle

Dopo il grande successo di Minari Mamoru Hosoda torna con Belle, un film d’animazione che non ha paura di osare trattando tematiche complesse: dall’elaborazione del lutto al nostro rapporto con i social network.

Il film è al cinema dal 17 marzo.

Tutte le nostre identità… e quelle degli altri

Suzu è una ragazza vocalmente dotata quanto fragile. La musica appartiene al suo passato perché a seguito della tragica scomparsa della madre non riesce più a cantare. L’ingresso in U, social network popolare in tutto il mondo, attraverso il suo alter ego, Bell detta Belle, le farà comprendere di più su chi è e cosa vuole. Ma sopratutto le darà la forza non solo per rialzarsi ma anche per aiutare chi non riesce a gridare aiuto.

In giapponese Suzu significa campana, lo stesso nome (“Bell”) che la protagonista sceglie per entrare nel mondo di U e dare vita al suo alter ego. In un mondo in cui il metaverso non è più fantascienza, è interessante ricordare che la campana sia anche l’icona della notifiche: le stesse che ci fanno perdere dentro il digitale creando spesso tanto (troppo) divario con la realtà “analogica”.

belle

Quindi non è un caso che il regista scelga quanto di più coraggioso per la sua Suzu, ossia farle subire quella spersonalizzazione che tutti noi sperimentiamo quotidianamente sui social. Suzu si sdoppia e in U diventa Belle: una cantante pop di fama internazionale di cui tutti vorrebbero conoscere l’identità. Tuttavia dentro di sé la ragazza non riesce a comprendere chi sia realmente, forse perché l’aspetto del suo avatar somiglia troppo alla ragazza più bella e intelligente della scuola e forse perché nel mondo reale non riesce a intonare neanche mezza nota senza soffrire.

Questo sdoppiamento dà vita a due storyline differenti in cui Suzu/Belle si deve confrontare con l’altro per riuscire a comprendere anche se stessa: da una parte con l’amico Shinobu Hisatake per cui ha una cotta da sempre e dall’altra con il Dragone, una bestia che ha fatto irruzione in uno dei suoi concerti in U. Come spesso accade negli anime, anche in Belle la risoluzione della vicenda e la crescita della protagonista passano attraverso scelte non scontate che, non necessariamente, debbano prevedere un romance di contorno. A riprova di quanto, a oggi, i giapponesi siano i custodi di un modo di fare animazione in cui innovazione tecnica e originalità tematica vadano di pari passo.

Ne è una prova il rapporto che Belle porta avanti con La Bella e la Bestia, favola a cui si ispira e che omaggia a suo modo ma senza scegliere di ricalcare tracce già scritte. Del tradizionale racconto francese restano ovviamente gli ionici cespugli di rose e del ben noto Classico Disney delle trovate visive (come ad esempio le sequenze sulla balconata e del ballo) che si inseriscono nel film come dei veri e propri tributi per una storia la cui dichiarazione d’intenti è ben diversa.

Visivamente affascinante, attuale e denso di tematiche su cui vale la pena riflettere Belle è uno spettacolo per gli occhi. Un film che sfrutta l’animazione al meglio, giocando con il mezzo e con tutte le sue potenzialità.