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Sanremo 2012, prima serata: Celentano, i preti, i treni e la Canalis

scritto da Alice Ziveri

Più discusso dell’intero Festival è stato l’intervento di Adriano Celentano.
Il molleggiato (o noleggiato, come l’hanno chiamato Luca e Paolo) alla fine è arrivato: introdotto da clip di guerra, bombardamenti, fuoco e fiamme, Celentano è emerso con il sorriso sulle labbra e ha inziato il suo monologo.
Un monologo sui preti che dovrebbero parlare del Paradiso, sui treni veloci ai quali dovrebbero essere affiancati treni lenti chiamati “Lumaca”. Per ammirare le bellezze della nostra Italia.
Ed ecco che entra Elisabetta Canalis, scalza e scompigliata: “Come ti chiami?” le chiede il cantante
“Italia”. Lui le chiede di restare, lei dice che le cose vanno male, che potrà restare solo se gli italiani lo vorranno.
Ci sfugge l’utilità di questo siparietto.
Fine prima parte, intermezzo cantato.
Interviene Papaleo, che accorre al grido di “maitre!” e chiama Celentano “immensità”. Si leggono le definizioni di termini come “governo Monti” e “sovranità” da un dizionario (immaginario, ovviamente, per il primo termine), e da lì parte una seconda parte di monologo in cui Celentano tira in ballo Pupo, che dalla platea si alza in piedi sul piede di guerra. Entra sul palco Morandi e anche lui prende parte al dibattito sul popolo sovrano, il referendum e la consulta. Segue un altro lungo momento musicale. Ma non potevano limitarsi a quello?
No, evidentemente. Non è ancora finita: altro momento sermone/predica/discorso da guru. E così via, un’alternanza di momenti profetici e musicali. Carina la stoccata a “quel deficiente di Aldo Grasso”, proprio una mossa di gran classe.
45 minuti di Celentano che si concludono con una standing ovation dell’Ariston, tutti in adorazione mistica: va bene, grazie, possiamo andare avanti con le canzoni?

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