We Are Who We Are: l’adolescenza secondo Luca Guadagnino recensione scritto da Federica Marcucci 9 Novembre 2020 Parole, silenzi, suoni, musica. Tanta musica. Qui e ora. We Are Who We Are di Luca Guadagnino è un affresco in otto capitoli che esplora le relazioni umane in tutte le sue forme, illuminando l’adolescenza di quella luce incerta ma non per questa meno brillante. I protagonisti della storia di Guadagnino vivono nella dimensione corale di una base USA in Italia. Un “non luogo” poco lontano da Venezia, ma in cui tutto è costruito per ricordare loro una patria che forse non hanno mai visto. Una metafora delle contraddizioni degli USA, della società contemporanea stessa e ovviamente di quelle degli adulti: spesso più immaturi e incerti dei loro figli. Tanti sono i personaggi di We Are Who Are, ma la serie è la storia di Caitlin e Fraser. Anime gemelle speculari che si trovano per perdersi e per ritrovarsi ancora, in nome di un sentimento che non ha bisogno di avere nome. Qualcosa che – forse, è legato a doppio filo alla necessità di scoprire chi si è veramente. Ed è questo quello che è We Are Who We Are: un’esplorazione dell’umanità di ognuno di noi, dei nostri sentimenti, della nostra essenza. Spesso non priva di contraddizioni, ma per questo così speciale e unica. Dopo il successo internazionale di Chiamami col tuo nome, Luca Guadagnino torna a parlare d’amore e di adolescenza con uno sguardo nuovo, internazionale ma profondamente italiano. Interessante è che ai paesaggi nostrani il regista accompagni spesso musica black; Blood Orange non a caso è l’artista leitmotiv dell’intera sera. Lo stesso in nome del quale c’è un cambiamento di paesaggio (dagli anonimi dintorni della base a Bologna): in nome del suo concerto spazio e tempo si modificano completamente e inesorabilmente, facendo collimare culture, amori, passioni, città. Bologna nella nebbia, la corsa dei protagonisti, Prince che canta The Love We Make. Avete già finito di guardare We Are Who We Are?