The Handmaid’s Tale 3: recensione dei primi tre episodi della terza stagione
Una delle serie di maggior successo degli ultimi anni, nonché una delle più premiate, è l’agghiacciante e distopico racconto di un’ancella. È The Handmaid’s Tale. Con due stagioni alle spalle, 9 Emmy e 2 Golden Globe tra cui quello alla miglior attrice per Elizabeth Moss, la serie ideata da Bruce Miller arriva con i nuovi episodi sulla storia dell’ancella Difred e la sua lotta per la sopravvivenza.
In Italia arriverà con TIM Vision il 6 giugno, un giorno dopo il rilascio degli episodi su Hulu. La terza stagione riparte esattamente da dove avevamo lasciato la serie. Difred ha scelto di restare nella nazione di Gilead per riprendersi sua figlia Hannah, lasciando scappare la sua seconda figlia, la neonata Nicole, insieme all’ancella Emily. Loro sono salve. Adesso Difred dovrà combatterà la resistenza ancora una volta dall’interno.
Se non volete avere spoiler (seppur minimi) sulla terza stagione, vi consigliamo di stare attenti
Leggi la recensione dei primi tre episodi della terza stagione di The Handmaid’s Tale:
È l’inizio di una guerra quella che mostrano i primi episodi della terza stagione di The Handmaid’s Tale. Una guerra di fuoco, dove Difred ora è più agguerrita che mai. Dove la sua bambina, la neonata Nicole, è in un posto dove non verrà mai obbligata a seguire le disumane leggi di Gilead, perché è al sicuro.
Nei primi episodi della terza stagione tornano le luci penetranti che attraversano le finestre delle case. Quelle gabbie in cui June non fa altro che soffocare e tramare. Tornano i schemi riconoscibili della serie: June che cerca di farsi spazio tra inquietanti ingannatori e possibili alleati.
CONTIENE SPOILER
La novità della stagione, perlomeno nei primi episodi, sembra però il cambio di gabbia. June non è più l’ancella dei Waterford, bensì dell’ambiguo Comandante Joseph Lawrence (Bradley Whitford).
Dietro l’uomo che ha ideato le colonie di Gilead si nasconde un membro della Resistenza. Ma anche un uomo inquietante e che June riconosce immediatamente come una pericolosa minaccia.
Il primo episodio della stagione è interamente dedicato alla chiusura emotiva di June. La donna va alla disperata ricerca di Hannah, la sua prima figlia ormai adottata dalla famiglia di un altro comandante. Ma come si può immaginare il tentativo fallisce. È certo che questo schema ormai riconosciuto nella serie non sorprende molto: ci sarà sempre, dietro l’angolo, qualcuno più potente della coraggiosa ancella. Ma parallelamente al suo dolore per la perdita di Hannah, c’è quello di Serena Joy (Yvonne Strahovski), moglie del comandante Waterford, distrutta dall’aver perso la (non)sua bambina appena nata. Il parallelismo tra le due donne è evidente: in The Handmaid’s Tale, se sei una donna più o meno potente, è veramente difficile che tu possa sfuggire al dolore e alla mortificazione. Non importa che tu sia rossa come le Ancelle, grigia come le Marta o blu come le Mogli.
La differenza è che June e Serena reagiscono in modo diverso: la prima è una roccia, un oggetto che si consuma lentamente. La seconda è una foglia, basta un soffio per abbattere il suo spirito.
Non a caso Serena finisce per rendere concreto quello che è un atto metaforico. Brucia la camera da letto e, di conseguenza, la casa dove hanno vissuto. La vita dei Waterford non esiste più. Ma soprattutto, June in quanto Difred non esiste più. Eppure ci aspettiamo grandi cose dal loro rapporto e dal potere che Serena, in fondo, ancora possiede. Che sia l’inizio di una rivoluzione dall’interno?
Ad essere il più “verticale” tra gli episodi è il secondo, dove June aiuta un gruppo di Marte con un compito pericoloso. Contemporaneamente mentre esplora la sua relazione con il pio e inaffidabile nuovo partner. Nel frattempo, Emily e Luke (Alexis Bledel, O-T Fagbenle) combattono con i loro demoni cercando, con troppa difficoltà, di ritrovare una direzione nella propria vita.
Nel secondo episodio, infatti, mettiamo per un attimo da parte il dramma emotivo della protagonista e i suoi legami, per un’avventura di pura tensione e fuga. June, ormai aiuta una Marta a scappare. Abbiamo così la possibilità di scoprire il mondo di una delle figure meno esplorate finora dalla serie. Le silenziose e servizievoli domestiche di Gilead hanno molto da raccontare.
Perché come sostiene “se voglio sopravvivere avrò bisogno di alleati. Alleati potenti.”
Nel terzo episodio, infatti, ritorniamo anche da Serena, in pieno ricovero dal brutto crollo emotivo avuto dopo la perdita di Nicole. È forse il più interessante degli episodi iniziali di questa stagione. Siamo nel vivo della guerra silenziosa di June e il suo obiettivo. Manipolare non è mai stato così difficile – sopratutto ora che è chiaro, per lei, che Lawrence può essere un terribile nemico. Se ci aggiungiamo il fatto che riavrà finalmente un confronto sia con il Comandante Waterford che con Nick (sempre troppo lontano, mai abbastanza esplorato), allora è chiaro che i guai sono dietro l’angolo.
The Handmaid’s Tale torna con una terza stagione che suggerisce nuovi nemici, stessa alta tensione. Chissà, però, se questa tensione porterà ad una svolta o ad un qualche scioglimento. Quello che è certo è che mantenendo gli stessi punti di forza, però, rischia di diventare prevedibile. Fortunatamente, l’interpretazione del cast – su tutti Elizabeth Moss – e l’incredibile mondo narrativo in cui ci si immerge riescono a tenere ancora alta la qualità della serie.
Non ci resta che attendere il resto della stagione e scoprire cosa ci riserveranno le avventure terribili dell’ancella di Gilead.