Baby – Netflix: recensione dei primi due episodi della serie scritto da Federica Marcucci 30 Novembre 2018 Già paragonata a Elite per la tipologia di ambientazione – anche qui siamo in un quartiere ricco, Baby non è però la storia di un omicidio, ma della ricerca di identità per via oscure. Forse troppo oscure, oseremmo dire senza intenzione di essere moralisti. La serie infatti mette in scena i drammi esistenziali di giovani, e meno giovani, che si muovono sullo sfondo del quartiere più agiato di Roma, Parioli, toccando tematiche forti senza prendere una reale posizione in merito. Il rischio è quello di scadere nel sensazionalismo, nei luoghi comuni e nel dare ai giovani un messaggio facilmente fraintendibile. Ispirata al fatto di cronaca delle baby squilo dei Parioli, la serie vede come protagoniste principali Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani). Entrambe di buona famiglia, ma con storie difficili alle spalle, le ragazze nascondono piccoli segreti e diventeranno amiche facendo del proibito la loro ricerca esistenziale. A fianco a loro Camilla (Chabeli Sastre Gonzalez), migliore amica di Chiara nonché sorella del suo ragazzo segreto, Niccolò (Lorenzo Zurzolo), Fabio (Brando Pacitto) oppresso a scuola e a casa dal preside, suo padre, e Damiano (Riccardo) figlio di un ambasciatore diviso tra la Roma bene e il suo quartiere in periferia. I primi due episodi di Baby non entrano ancora nel vivo della narrazione, ma sono funzionali a gettare i fili di molte storylines. L’inizio dell’amicizia tra Ludovica e Chiara, ma anche i rapporti che legano i due agli altri personaggi, in primis Damiano. Ben presto ci rendiamo conto che il ragazzo, forse il più outsider di tutti, è la cotta segreta sia di Chiara che di Ludovica. La serie Netflix, composta infatti da sei episodi in tutto, ha un animo corale: da una parte i giovani, dall’altra gli adulti. Tutti loro si muovono sullo sfondo di un mondo agiato, una gabbia dorata fatta di frustrazione, incomunicabilità e modelli genitoriali spesso imperfetti. Uno schema che sì, intrattiene, ma che non sfugge al luogo comune. Un esempio su tutti: il modo in cui si è scelto di utilizzare i messaggi scambiati dai personaggi “on screen”. Inoltre è ovvio che il quartiere romano dove si svolgono gli eventi sia stato usato in senso metaforico, ma la caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti è troppo forte; per questo Baby ci dà costantemente l’impressione di qualcosa di già visto, di già sentito. Un esempio su tutti, Tre metri sopra il cielo. Avete già iniziato a vedere Baby?