Dunkirk, la recensione: quando la guerra diventa un’elegante visione scritto da Paola Pirotti 22 Agosto 2017 È in arrivo nelle sale italiane Dunkirk, ultima fatica del regista britannico Christopher Nolan, e uno dei titoli più chiacchierati e apprezzati dell’anno. Il film è stato già definito in tantissimi modi dalla stampa di tutto il mondo dal più banale ‘capolavoro’ ad altre descrizioni esaltanti. L’entusiasmo con cui il film è stato lodato non può che essere condiviso anche da noi. Dunkirk è un gioiello. L’evacuazione di Dunkerque è un momento della storia poco esplorato dalla cinematografia. Nel 1940 migliaia di soldati alleati si ritirarono sulle spiagge di Dunkerque, in Francia. La Germania nazista aveva invaso il paese e circondava gli inglesi e i francesi – in attesa di essere salvati. Se un film di guerra riesce a conciliare le esplosioni con le emozioni, molto spesso può dirsi riuscito. È una definizione banale ma che funziona bene se pensiamo ad uno dei registi più famosi di War Movie, Steven Spielberg. Dunkirk è acqua, terra e aria. Per tutta la durata del film il pubblico affoga, si sporca di sabbia e sfreccia nel cielo – perché Dunkirk aggredisce i sensi. Comincia in silenzio, aumenta pericolosamente le vibrazioni e nel corso del film arriva ad un’orchestra di suoni e melodie che, in crescendo, si intrecciano in un racconto a parte. Si potrebbero chiudere gli occhi e comunque ascoltare la storia di Dunkirk. Non ci sono sangue, violenza e mutilazioni nel film di Nolan. L’orrore è nella paura di morire, di non tornare a casa. Ed è tutto nelle mani di un cast giovane e fresco, che sembra portare sulle spalle l’intero peso di una storia che parla con il corpo. Corpi che tramano, volti che piangono, che si disperano. Se questo è il futuro del cinema britannico, alziamo i calici e brindiamo. Dal silenzioso ma espressivo Aneurin Barnard, fino alla sorpresa Harry Styles – arrogante e spaventato come Nolan immagina i soldati di Dunkirk. Se non lo conoscessimo, diremmo che è un giovane attore emergente con tutte le carte in tavola per diventare una star. E ancora, al loro fianco, i veterani confermano talento e spessore con frammenti intensi di Cillian Murphy sempre al meglio di sé. LEGGI QUI — L’esperienza del cast sul set nella featurette italiana In fondo, quello che colpisce di Dunkirk è che le scene più impressionanti non hanno nulla di spettacolare o artificioso: sono l’uomo che silenziosamente si getta a mare o la lacrima sul volto di Kenneth Branagh e l’ultima inquadratura del soldato Tommy (un bravissimo Fionn Whitehead). Potrebbe spaventare, nel 2017, l’idea che il film non possieda grandi e lunghi dialoghi. Ma la verità è che non importa. Non se ne sente il bisogno perché non c’è tempo. E il tempo è un gioco tra le mani di Christopher Nolan. La storia torna indietro, va avanti, gira in tondo come i soldati in attesa di essere salvati. Andrete già prenotato il vostro biglietto al cinema per Dunkirk?