Concorso Percy Jackson: L’amicizia vince su tutto, anche sui mostri.. scritto da admin 18 Luglio 2013 Per il Concorso del Meet&Greet di Percy Jackson vi abbiamo chiesto di scrivere un racconto, i post vengono pubblicati e i più beli e votati potranno vincere il Meet&Greet di Martedì 23 Luglio con Logan Lerman e Alexandra Daddario al Giffoni 2013 . Ecco la risposta di TessaGray! Se vi piace, condividetela per aiutarla a vincere. Leggere non serve a niente dicono gli ignoranti. Leggere ti porta a credere in un mondo irreale dicono la maggior parte dei ragazzi della mia età. Leggere ti fa vivere un’avventura: è questo quello che diciamo io e i miei amici. Come si può accettare l’idea di vivere una sola vita? Non riesco proprio a concepire questa sorta di follia che la gente comune chiama realtà. Non mi basta vivere la mia vita, avere sedici anni, i capelli scuri o altro. Vivere significa sperimentare. Vivere significa avere quella particolare e favolosa quanto rara capacità di poter dire: esisto e non voglio vivere come una marionetta nelle mani di una società che mira su ciò che conosce, il piatto,il passato. Era questa la filosofia alla base dei pensieri che girovagavano con un movimento a spirale nella mia mente e in quella dei miei fortunati (o forse no) compagni di avventura quel pomeriggio a New York, quando le nostre vite cambiarono per sempre. Non so ancora dire se in meglio. Eravamo da ore rinchiusi nelle biblioteca pubblica di Manhattan sfogliando con aria appassionata gli antichi volumi di mitologia greca. Io, Rose, Will e Tessa attendavamo con ansia l’arrivo di Adrian. Il nostro era una specie di club segreto super cool ( così l’aveva definito Will) e la nostra attività preferita era proprio quella di discutere ed esaminare sul campo la veridicità di alcuni miti greci. Dovevamo andare al Metropolitan Museum per analizzare alcune statue greche stranamente ritrovate perfettamente intatte. La nostra teoria era stramba ma noi ci credevamo, ci mettevamo tutte le nostre forze per svolgere missioni per provarle: gli dei erano tra di noi. Adrian era in ritardo, cosa alquanto strana essendo un perfetto maniaco del controllo. Qualcosa o qualcuno ( una vocina alquanto dispettosa) mi gridava che questo era un campanello d’allarme, ma mi rincuorava il pensiero che forse il suo ritardo era dovuto a una scoperta, che nulla era perduto. Mi alzai dalla poltrona nella quale mi ero raggomitolata nelle scorse ore per leggere un tomo alquanto pesante, e iniziai a girovagare tra gli scaffali alla ricerca forse di un segno divino lasciando Will e Tessa ai loro battibecchi e Rose ai suoi appunti. Camminavo tra gli scaffali con aria desolata quando lo vidi: dall’area più remota della biblioteca era possibile evincere la presenza di una luce, forte, di un’intensità che mi accecava totalmente: era arrivata improvvisamente proprio come un temporale estivo. Sbigottita dall’abbaglio caddi rumorosamente. Libri avanti e dietro le mie ginocchia mi circondavano, ma non importava, proprio come il forte dolore che provavo al polso. Ero incantata da quella luce che col passare del tempo diveniva sempre più tenue simile al bagliore emesso da una lucciola in un campo durante una notte estiva. Mi avvicinava sempre di più, ipnotizzata, ignorando dolore e paura. L’incantesimo si spezzò proprio nel momento in cui toccai il libro. Contemporaneamente sentì lo squillo di un cellulare, quello di Rose, e una fitta, simile a una brutta bruciatura sulla parte della mia mano che aveva toccato il logo del libro da cui proveniva quella luce. Mi girai di scatto al sentir il rumore quasi furioso dei passi di Rose, Will e Tessa. -Angela, Adrian è in pericolo- la voce di Tessa era un sussurrò terrorizzato, dai suoi occhi potevo vedere che si stava trattenendo dallo scoppiare a piangere – Come?- ero sorpresa e allo stesso tempo potevo ancora riuscire a sentire il rimorso traboccare nella mia mente. Lo sapevi. Ecco la vocina mentale era tornata. – La chiamata proveniva dal cellulare di Adrian. Ma non era lui al telefono. Era una donna. Ha detto che se non le daremo quel che lei vuole, lo ucciderà. La voce della donna non era affatto amichevole- – Era minacciosa, si sentiva in sottofondo un sibilio continuo.- Rose è sempre stata schietta e concisa, dunque la sua seguente affermazione non mi sorprese. – Medusa, era lei vero- – Esistono allora..- Tessa era profondamente sconcertata – Potrebbe essere anche una pazza psicopatica – il lato ironico di Will prendeva sempre il sopravento nelle situazioni meno opportune. – Cosa vuole?- Rose era nervosa e beh se lo era lei, stavamo proprio toccando il fondo. Mi sembrava di essere in un perpetuo cunicolo buio dove non riuscivo ad avvicinarmi alla luce. Alla luce, alla luce. Ecco ora invece mi sentivo la protagonista di un fumetto a cui si accende una lampadina. La luce proveniva da un logo. Un logo che simboleggiava un onda. Mare. Medusa. Serpenti. Capelli Poseidone. Presi il libro di scatto. – Credo di avere un’ idea- Della corsa al Central Park tutto si può dire tranne che fu.. rapida. Come è possibile che le metropolitane a New York sempre veloci e affidabili quel giorno non lo fossero affatto? La situazione cambia nel momento in cui la fermata a cui devi scendere è chiusa e devi letteralmente lottare contro tutti gli intoppi stradali: taxi affollati, semafori bloccati, bambini, anziani, ragazzi innamorati e animali. Tessa era convinta che il nascondiglio di Medusa si trovasse vicino a una fonte d’acqua. I miti parlano chiaro. Avevamo anche scoperto che il famigerato libro aveva una serratura. E non era affatto una che si poteva in qualche modo eludere. Si apriva solamente con un morso di un serpente. La forma era quella. Tutti gli indizi combaciavano perfettamente. Ero terrorizzata all’idea che Adrian potesse essere torturato fin quando non fossimo giunti a destinazione. Poteva anche essere morto a quell’ora. Ricacciai subito indietro quel pensiero. Adrian non poteva morire. Adrian era uno di noi, un nostro amico e niente al mondo ci avrebbe mai separati. Ma le domande che affollavano la mia mente erano come un uragano che devastava un ‘intera prateria, da tranquilla e calma si era trasformata in una landa distrutta e disordinata. Cosa aveva spinto Adrian tra le braccia di Medusa? Perché Adrian? Perché quel libro? Eravamo ormai giunti al lago più grande del parco quando ci fermammo. L’acqua era piatta, niente dimostrava la presenza di un essere mostruoso nascosto là sotto chissà dove, forse in una grotta sotterranea. Nah Medusa non era la madre di Grendal! Mi sembrava di essere la protagonista di un videogioco, che invece di vincere, veniva presa a calci e pugni. Eravamo in un giostra senza fine. Una giostra… – La giostra- era la voce di Will mi diceva che era arrivato alla mia stessa conclusione. Ci guardammo tutti e quattro negli occhi e con un tacito assenso, ci prendemmo tutti per mano e ci voltammo, alla volta della giostra riflessa nel lago. Salimmo, ci mettemmo al centro di essa e iniziammo a contare i giri. Uno. Due. Tre. All’ultimo girò si aprì una botola e ci trovammo letteralmente scaraventati all’interno del covo di Medusa. Medusa non era affatto una bella e seducente donna. Era un mostro. Anzi quel che rimaneva di un mostro: la sua testa. Eravamo caduti su quello che credo che fosse il suo naso. La sua vista diciamo non fu uno spettacolo. I suoi occhi grigi come un cielo nuvoloso che si prepara alla tempesta sorridevano. Beh forse la nostra sarebbe una morte veloce. -Benvenuti, miei cari avventurieri- la sua era una voce falsamente amichevole. – Adrian!- il grido di Rose fu come un arcobaleno dopo una tempesta. Guardai sollevata nella sua direzione e fu allora che lo vidi: volteggiava attaccato ai capelli-serpenti di Medusa come una trottola. Fu allora che capì : Medusa con i suoi capelli controllava la giostra. Stavo per vomitare, ma fui distratta da un serpente che si strusciava su di me per prendere il libro che custodivo gelosamente tra le mie mani. Medusa continuava a fissarmi, questa volta però con aria arrabbiata,indignata e fu così che ci lasciò cadere violentemente sul suolo. – Piccoli protectors, datemi quello che voglio o ucciderò il vostro amichetto- la sua voce era stridula, sgraziata. Prot che? – Siamo immuni al suo potere non ci trasformiamo in pietra alla sua vista- la voce di Rose era sorpresa, incredula. Aveva dannatamente ragione. Ci guardammo tutti negli occhi indecisi sul da farsi. Cosa conteneva questo libro che tanto era desiderato da Medusa? Era pericoloso? Ma c’era la vita di Adrian in gioco. Lasciai immediatamente per terra il libro e contemporaneamente Adrian venne scaraventato sul suolo vicino noi. Era sano e salvo solo un po’ nauseato. Tessa ci prese tutti alla sprovvista quando ci fece stringere tra le mani delle pietre color turchese tra le mani. Non le avevo mai viste prima d’ora. – Chi te l’ha date- le chiesi con un sussurro – Non mi crederesti mai- il suo tono era eccitato e preoccupato- Ingoiatele subito!- ci gridò Non so come ma mi convinsi e mi fidai subito di lei. In meno di un secondo ci trovammo lontano da Medusa, nel lago che precedentemente avevamo osservato. Capì subito chi fosse il benefattore anonimo: Poseidone. Ma beh del resto avevo soltanto un grandissima confusione. Eravamo vivi e fuori dal pericolo. E non importa come e quando avremo scoperto la verità o avremo pagato le conseguenze di tutto. L’importante era che avremmo affrontato tutto insieme.